Conoscere le diverse tecniche di lavorazione con cui vengono realizzati splendidi manufatti in argento o preziosi oggetti d’oro, può essere utile per valutare con maggiore attenzione i propri acquisti.
Si tratta di aspetti fondamentali ma sconosciuti al grande pubblico: anche se nel ranking mondiale dei paesi produttori di gioielli l’Italia è ai primissimi posti. manca una vera e propria “cultura dell’arte orafa” che resta ad appannaggio, quasi esclusivo, degli operatori del settore.
Generalmente il consumatore finale, infatti, ignora le tecniche millenarie e le peculiarità che fanno di ogni creazione “un piccolo capolavoro“.
Ecco perché, ricostruendo le origini storiche e le modalità che caratterizzano le diverse tipologie di lavorazione, dalle più antiche alle più moderne, sarà più semplice determinare il giusto valore dei vostri preziosi.
Andando a ritroso nel tempo, sin dall’età del bronzo si riusciva a fondere e a lavorare l’oro servendosi di calchi di pietra e di argilla (fusione a matrice) per la creazione di bassorilievi.
Molti secoli dopo, intorno al III° secolo a.C., a questa tecnica subentrò la “fusione a cera persa” ottenuta per colaggio in uno stampo, che veniva rimosso dopo la solidificazione.
Questo processo, che ebbe origini in Medio Oriente, è ancora oggi molto diffuso anche se sono notevolmente mutati gli stampi e i materiali che lo compongono (gomma e lattice) molto più duttili e facilmente rimovibili.
Tornando alle tecniche di lavorazione antiche, la “tiratura a martello” fu una delle più usate presso fiorenti civiltà come quella Egizia (3000 a.C.) ed Assiro-Babilonese (XVIII° -XII° secolo a.C.).
Questa procedura consentiva di trasformare un pezzo unico, piuttosto consistente, in sottilissime sfoglie dette”lamine”: il metallo veniva così ridotto grazie all’utilizzo di arnesi rudimentali, ma estremamente efficaci, (l’incudine e il martello), anche se il risultato finale dipendeva dalla precisione e dall’abilità del forgiatore.
Analogamente, grazie al ritrovamento di preziosi reperti archeologici, gli esperti hanno constatato l’evoluzione delle “tecniche di fusione e saldatura” sui metalli, tanto che il settore orafo, nel periodo di massimo splendore della civiltà Cretese e Micenea (XVIII° – XX° secolo a.C.) rappresentò una delle maggiiori fonti di ricchezza.
Alla civiltà Sumerica si attribuisce “lo sbalzo” (a freddo e a caldo), una tecnica ornamentale molto raffinata destinata a durare per oltre 4000 anni: oggetti sacri (soprattutto ostensori), manufatti e vasellame d’oro e d’argento venivano lavorati praticando battiture sul retro, fino ad ottenere particolari scanalature rifinite con un utensile simile al mattarello.
Di fattura antica ma anche contemporanea, gli oggetti preziosi realizzati mediante “presa nella massa”: prima venivano lavorati con l’incudine e poi pazientemente modellati e rifiniti con piccoli strumenti (lime e scalpelli).
Tra le tecniche più diffuse si distinguono:
– 1) doratura e intarsio,
– 2) ossidazione ed opacizzazione,
– 3) incisione e cesellatura,
– 4) granulatura e filigrana,
– 5) niello.
“La doratura” prevede il rivestimento di uno strato d’oro. Se l’inserimento viene effettuato con parti minuscole (fili sottilissimi) di un altro metallo, si ottiene “l’intarsio”. Quando la lavorazione è più sofisticata, ad esempio quando è realizzata con fili d’oro intrecciati o sovrapposti, la tecnica prende il nome di “damaschinatura”.
“L’ossidazione e l’opacizzazione” un tempo vanto delle armature di coraggiosi cavalieri, oggi vengono richieste per la creazione di oggetti personalizzati, caratterizzati dal tipico “effetto ombra” che si genera volutamente tra le parti lucide non manipolate, e quelle trattate. A differenza dell’ossidazione, l’opacizzazione non prevede l’impiego di agenti chimici.
“L’incisione” viene eseguita grazie a piccoli strumenti di precisione capaci di incidere il metallo nobile asportandone strisce sottilissime. “La cesellatura”, invece, necessita di utensili non appuntiti, sui quali si danno colpi di martello fino ad ottenere l’effetto desiderato.
“La granulatura” avviene grazie a micro saldature: perline piccolissime (granuli) della stessa grandezza, vengono applicate sul metallo, diversamente dalla “filigrana” dove l’inserimento avviene manualmente, conferendo all’oggetto il tipico “effetto a rilievo”.
Infine il “niello”: la tecnica prende il nome dalla lega di colore scuro della quale l’orafo si serve per riempire i solchi precedentemente effettuati sulla superficie del metallo.
Anche l’effetto cromatico ha la sua importanza e può essere sinonimo di stile e personalità.
Chi preferisce monili lavorati con metalli nobili, può scegliere quelli in oro bianco (oro-platino) più preziosi dell’oro rosa o dell’oro giallo (entrambi oro-argento-rame ma in proporzioni diverse).
Per i più giovani, invece, appassionati di oggetti più easy e di tendenza si consigliano quelli in oro blu (oro e cobalto) e in oro lilla (oro-alluminio).